La Psicologia di fronte al Decreto-Salvini
E’ con sgomento e grande preoccupazione che l’OPP recepisce il Decreto-Legge del 4 ottobre 2018, il cosiddetto Decreto-Salvini su immigrazione e sicurezza.
La Psicologia, che tutti noi ogni giorno rendiamo operativa e viva attraverso il nostro fare connesso al nostro pensare, è una scienza in cui la curiosità e l’interesse teorico per l’umano non sono mai del tutto scindibili dall’obiettivo etico di promuovere possibilità d’esistenza più ricche e consapevoli, non solo per i singoli individui, ma anche per i gruppi e per le società allargate.
La Psicologia mira al “benessere” inteso in modo complesso: come capacità, da parte di individui e gruppi, di creare equilibri tra istanze divergenti, spesso anche contraddittorie, in un continuo allargamento di vedute – un sistema vivente in costante evoluzione. Un “benessere nazionale” da raggiungersi attraverso la nullificazione – avvilimento, soggezione, deumanificazione, espulsione – dell’Altro appare pertanto, allo sguardo della Psicologia, un obiettivo tanto fallace quanto pericoloso: una strategia di equilibrio fondata non sulla base di un sano funzionamento del sistema sociale, ma sul ricorso ad un nemico (questa volta interno) da distruggere, o quantomeno da controllare.
Il Decreto-Salvini cancella con un colpo di spugna il sistema pubblico dell’accoglienza in Italia (S.P.R.A.R: Sistema di Protezione a Rifugiati e Richiedenti Asilo ), un dispositivo così apprezzato da essere considerato una buona pratica a livello europeo. Lo smantellamento dello SPRAR ridurrà di nuovo l’accoglienza da sistema qualificato ad intervento di tipo emergenziale, con un balzo indietro di anni. Da un punto di vista strettamente clinico, ciò significa l’immediata cancellazione di strumenti che, in qualche modo, garantivano la salvaguardia della salute psichica dei migranti, tra cui il diritto di accesso al sostegno psicologico. Da un punto di vista più ampiamente sociale, si può prevedere che l’applicazione del Decreto comporterà effetti disastrosi sulla vita di tutti: in attesa che la loro domanda di asilo sia esaminata, i richiedenti saranno parcheggiati in enormi strutture con livelli minimi di assistenza, senza poter usufruire dei servizi oggi previsti dallo SPRAR e indispensabili all’integrazione, quali l’insegnamento della lingua italiana, la formazione professionale, tirocini e borse-lavoro, l’accompagnamento educativo da parte di professionisti altamente qualificati. Pochi tra loro otterranno un permesso di soggiorno; gli stessi a cui sarà concesso lo status di rifugiato avranno solo pochi mesi di tempo prima di essere riversati sul territorio, dal quale – nonostante tutte le asserzioni propagandistiche – non saranno espulsi. Le strade si riempiranno così di una folla di persone sofferenti, abbandonate, defraudate dei più elementari diritti costituzionali e con poche (a volte nessuna) possibilità di sviluppare un proprio progetto di vita nella legalità. La Psicologia, soprattutto nelle sue declinazioni di Psicologia sociale e di comunità, lancia oggi un allarme, per evitare un suo prossimo – del tutto ipotizzabile – arruolamento secondario come “Psicologia dell’emergenza”.
Come psicologi, chiamati a “promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità” (art. 3 del CD), reputiamo l’abrogazione della Protezione umanitaria una decisione incompatibile con il nostro mandato. Abbandonare a sé stessi individui gravemente traumatizzati da vicende storiche e personali inenarrabili, tra cui i torturati nelle carceri in Libia, gli stranieri appena maggiorenni che hanno affrontato il viaggio da soli, uomini e donne fuggiti da condizioni di vita inumane o da sistemi politici che non garantiscono il rispetto dei diritti umani fondamentali, è un atto politico del tutto incompatibile con la Psicologia: un atto che ci spiazza come professionisti della salute, ma soprattutto che, come cittadini, ci disumanizza nel profondo.
L’Europa si sta configurando sempre più come un insieme di società multietniche, multireligiose, multiculturali. La Psicologia può essere di grande orientamento nell’attuale complessità, aiutando a sviluppare uno sguardo che, assieme ai conflitti e ai problemi, sia in grado di vedere anche tutta la potenziale ricchezza dell’esistente. Il Decreto-Salvini rischia di azzerare questo sguardo curioso, complesso, creativo e lungimirante che la Psicologia si sforza di sostenere, imprigionandolo negli spazi angusti dell’odio razziale e della competizione tra esclusi.
Il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte
Comunicato OPP sull’inchiesta “Angeli e Demoni”
Facendo seguito al comunicato del CNOP in data 27 giugno 2019 ed in risposta alle richieste di informativa pervenute da diversi colleghi sulle azioni che OPP intende intraprendere in relazione ai presunti illeciti nella gestione di minori in affido da parte della onlus piemontese Hansel e Gretel, notizia di cui la stampa, sia locale che nazionale, ha dato ampia diffusione, si comunica che:
– Ogni qualvolta l’Ordine venga a conoscenza di fatti di potenziale rilevanza disciplinare è tenuto ad avviare una indagine istruttoria;
– Quando in relazione agli stessi fatti oggetto di indagine disciplinare è pendente un procedimento penale, il vigente regolamento dell’Ordine prevede la sospensione del procedimento disciplinare in attesa dell’esito del giudizio penale;
– divenuta irrevocabile la sentenza penale, il Consiglio porta a termine l’istruttoria avviata, applicando, nel caso in cui ritenga fondati gli addebiti contestati, una sanzione (tra quelle previste dalla L. 56/89: avvertimento, censura, sospensione fino a 12 mesi, radiazione) proporzionata alla gravità dei fatti contestati e delle loro conseguenze dannose.
In conformità a quanto sopra, la Commissione Deontologica procederà, quindi, ad avviare la fase istruttoria in merito agli specifici fatti di cui sopra, affidandone l’espletamento ad uno dei suoi Consiglieri.
Cogliamo l’occasione per esprimere il sostegno e la vicinanza dell’Ordine ai minori eventualmente coinvolti, alle loro famiglie e a tutti i colleghi impegnati nel difficile lavoro con minori vittime di maltrattamento e/o abuso, certi che – nonostante la violenza, le tante distorsioni e generalizzazioni della campagna mediatica in corso – continueranno a portare avanti i loro impegni professionali con impegno e serietà, mostrando nei fatti il valore e l’importanza del loro operato.
Il Consiglio dell’Ordine degli Psicologi del Piemonte
Proroga del termine di versamento delle tasse al 30 settembre 2019 per i contribuenti che svolgono attivitĂ per le quali sono stati approvati gli âIndici sintetici di affidabilitĂ fiscaleâ (ISA).
Lo scorso 27 giugno è stato approvato il Ddl. di conversione in legge del “Decreto crescita” (Decreto Legge 34/2019).
In sede di conversione del decreto è stata predisposta la proroga, al prossimo 30 settembre 2019, del termine per il versamento dei debiti d’imposta risultanti dalle dichiarazioni dei redditi, IRAP ed Iva, a favore dei contribuenti che svolgono attività interessante dai nuovi Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA).
Gli ISA sono il nuovo strumento predisposto dall’Agenzia delle Entrate per sostituire, a partire dalle dichiarazioni dei redditi relative all’esercizio 2018, i vecchi studi di settore.
L’intervento di quest’anno si presenta molto più ampio rispetto alle proroghe che hanno caratterizzato gli scorsi anni, in quanto:
– Ricomprende tutti i versamenti che scadono nel periodo dal 30/06/2019 al 30/09/2019;
– Non prevede l’applicazione della maggiorazione dello 0,4% normalmente prevista per lo slittamento della scadenza dei versamenti dal mese di giugno al mese di luglio.
La proroga al 30/09/2019 dei versamenti delle tasse, si applica a quei soggetti che rispettano entrambe le seguenti condizioni:
1. Esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli Indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA);
2. Dichiarano ricavi o compensi non superiore ad Euro 5.164.569.
Il codice attività previsto per l’esercizio della professione dello psicologo (86.90.30 – Attività svolta da psicologi) è soggetto al nuovo Indice sintetico “AK20U” e, pertanto, rientra a pieno titolo nei casi di proroga dei versamenti al prossimo 30/09/2019.
La proroga dei versamenti interessa quindi i seguenti soggetti:
1. Professionisti titolari di partita Iva che adottano uno dei codici attività Ateco soggetti agli ISA;
2. Soci di Associazioni professionali o di Società di persone che adottano uno dei codici attività Ateco soggetti agli ISA;
3. Soci di società di capitali “trasparenti” che adottano uno dei codici attività Ateco soggetti agli ISA.
L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione N. 64 dello scorso 28 giugno, ha chiarito che la proroga si applica anche ai contribuenti che svolgono attività interessate dai nuovi “Indici di affidabilità fiscale” e che per il periodo d’imposta in corso al 31/12/2018:
– Hanno applicato il regime forfettario di cui all’art. 1 commi 54-89 della Legge 190/2014;
– Hanno applicato il regime di vantaggio ex art. 27 del Dl 98/2011.
A titolo esemplificativo, rientrano nella proroga i seguenti versamenti:
1. Il saldo 2018 e l’eventuale primo acconto 2019 dell’IRPEF;
2. Il saldo 2018 e l’eventuale primo acconto 2019 dell’IRAP;
3. Il saldo 2018 e l’eventuale primo acconto 2019 dell’IRES;
4. Il saldo 2018 e l’eventuale primo acconto 2019 dell’imposta sostitutiva (5% – 15%) dei contribuenti forfettari;
5. Il saldo 2018 e l’eventuale primo acconto 2019 dell’imposta sostitutiva (5%) dei contribuenti minimi;
6. Il saldo 2018 dell’addizionale regione dell’IRPEF;
7. Il saldo 2018 e l’eventuale acconto 2019 dell’addizionale comunale dell’IRPEF;
8. Il saldo 2018 e l’eventuale acconto 2019 della “cedolare secca sulle locazioni”.
Il differimento al 30/09/2019 del termine per il versamento delle tasse ha però l’effetto, in caso di opzione per la rateizzazione del debito, di ridurre a tre il numero massimo delle rate, le quali scadranno:
1. Per i contribuenti titolari di partita IVA:
a. Il 30 settembre 2019;
b. Il 16 ottobre 2019;
c. Il 18 novembre 2019;
2. Per i contribuenti non titolari di partita IVA:
a. Il 30 settembre 2019;
b. Il 31 ottobre 2019;
c. Il 2 dicembre 2019.
Resta invece invariata la scadenza del 30 novembre 2019 per il pagamento il secondo acconto delle tasse per l’anno 2019.
Esperimenti sui macachi. La posizione dell’ OPP
Gentili colleghi,
oggi imperversa un acceso dibattito su una campagna promossa dalla LAV in merito ad un esperimento, cui parteciperanno le Università di Parma e di Torino (in questo caso con il Dipartimento di Psicologia). L’esperimento è finalizzato alla cura di una particolare forma di disturbo visivo da trauma e prevede l’utilizzo di modelli-animali, nello specifico dai 4 ai 6 macachi, cui verrà prodotta una lesione cerebrale non reversibile: una macchia cieca in una zona periferica del campo visivo.
La discussione pubblica, animata da una violenza tale da travalicare in insulti e perfino in minacce personali, è fondata su dati in parte distorti, diffusi attraverso la petizione avviata da LAV, che è opportuno rettificare:
– i macachi non verranno accecati, verrà prodotto un danno di lieve entità, certo irreversibile;
– nei suoi aspetti etici, la sperimentazione (Progetto Lightup) è stata approvata dallo European Research Council, dai Comitati etici preposti al benessere animale delle Università di Parma e Torino (OPBA) e dal Ministero della Salute.
– le condizioni di vita degli animali sono state verificate attraverso un’ispezione a sorpresa da parte del Ministero della salute, che non ha riscontrato alcun segno di malessere nei macachi e ha valutato l’ambiente dove vivono adeguato alle loro esigenze.
Le foto pubblicate nella petizione su change.org non si riferiscono agli animali della sperimentazione.
Chi è interessato può reperire maggiori informazioni qui:
https://www.unito.it/avvisi/14-giugno-2019-le-universita-di-torino-e-parma-sulla-petizione-salviamo-i-macachi-di-torino
Detto questo, poiché il danno prodotto dall’esperimento non dovrebbe limitare in alcun modo lo svolgimento della normale vita degli animali, non è chiaro perché i macachi, alla fine dei 5 anni previsti per la sperimentazione, anziché essere reinseriti nel loro ambiente debbano essere soppressi. Purtroppo su questo punto le Università di Parma e di Torino non forniscono alcuna spiegazione.
Il seguente comunicato, redatto su sollecitazione di alcuni colleghi, chiarisce la posizione dell’Ordine su questi temi.
Se come singoli consiglieri le posizioni personali variano dal netto rifiuto verso ogni forma di sperimentazione biomedica sugli animali all’approvazione di sperimentazioni controllate ove siano dimostrate importanti ricadute sulla salute pubblica, come Consiglio:
– prendiamo decisamente le distanze dai toni utilizzati nel dibattito pubblico sulla sperimentazione in oggetto;
– ritenendo che le questioni bioetiche siano un tema centrale per la psicologia, appoggeremo con molta partecipazione eventuali iniziative da parte dei colleghi (creazione di GDL o Forum tematici, Progetti ecc.);
– ci impegneremo ad accedere ai tavoli decisionali dove si discute di bioetica, dai quali, per ora, la Psicologia risulta esclusa.
Un cordiale saluto,
Il Consiglio OPP
Leggi tuttoFatturazione elettronica alle strutture sanitarie. Un nuovo chiarimento da parte dellâAgenzia delle Entrate
Con la risposta all’interpello N. 78 pubblicata nella giornata dello scorso 19 marzo, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che la prestazione sanitaria resa nei confronti di persone fisiche non deve mai essere documentata con fattura elettronica, né deve transitare dal Sistema di Interscambio, indipendentemente da chi sia il soggetto che eroga detta prestazione.
Ricordiamo che il legislatore, accogliendo le critiche mosse dal Garante della Privacy, aveva inizialmente previsto il divieto di emissione di fattura elettronica in capo ai soggetti “tenuti all’invio dei dati al Sistema tessera sanitaria”, con riferimento alle fatture i cui dati “sono da inviare” al Sistema.
La disposizione non trovava tuttavia applicazione per tutte quelle figure professionali (fisioterapisti, logopedisti, igienisti dentali) che, essendo escluse dagli obblighi relativi al Sistema TS, avrebbero potuto continuare ad emettere fatture in formato elettronico.
In tal senso, non risultava accolto appieno il richiamo del Garante della Privacy che, nel suo provvedimento dello scorso 20 dicembre 2018, aveva sottolineato come il sistema manifestava ampie “criticità” in relazione alle fatture inerenti a prestazioni sanitarie.
Il legislatore è quindi nuovamente intervenuto sulla materia attraverso il DL 135/2018 prevedendo che il divieto di utilizzo della fattura elettronica è applicabile anche ai soggetti non tenuti all’invio dei dati al Sistema TS “con riferimento alle fatture relative alle prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche”.
Nella sostanza, la ratio della norma è quella di non consentire il transito attraverso il Sistema di Interscambio dei dati relativi alle “prestazioni sanitarie” rese alla persona, indipendentemente dal soggetto che eroga tali servizi.
La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate all’interpello N. 78 fornisce tuttavia un ulteriore elemento chiarificatore molto importante.
Dal momento che l’interdizione dall’emissioni della fattura elettronica opera con riferimento alla prestazione di natura sanitaria, a nulla rilevando l’ambito soggettivo, il divieto di emissione della fattura elettronica vale anche nel caso in cui il prestatore sia un soggetto diverso da una persona fisica, come ad esempio, nell’ipotesi in cui la prestazione sia resa da un ambulatorio.
Nella risposta viene inoltre chiarito che è diversa la circostanza in cui per l’erogazione della prestazione sanitaria l’ambulatorio si avvalga di soggetti terzi (professionisti) che fatturano all’ambulatorio la prestazione e non direttamente all’utilizzatore finale del servizio. In tale circostanza è consentito l’utilizzo della fattura elettronica da parte del professionista nei confronti dell’ambulatorio, non essendo presente un coinvolgimento diretto con il paziente.
Alla luce di quest’ultimo chiarimento si può quindi affermare che la fattura emessa dallo psicologo ad una struttura sanitaria, e non direttamente al paziente persona fisica, anche a fronte di una prestazione di carattere sanitario, deve essere emessa in formato elettronico.
Rimangono naturalmente esclusi da tale obbligo tutti i professionisti che aderiscono al regime forfettario in quanto, esclusivamente per tale regime agevolato, non vi è l’obbligo di utilizzo della fattura elettronica, indipendentemente dalla natura della prestazione.
Considerata comunque la delicatezza del tema, sarebbe auspicabile un ulteriore e più approfondito chiarimento ufficiale.
Terne Esami di Stato â Sorteggio nominativi
Mercoledì 20 marzo alle ore 10.00 si terrà nella sede dell’Ordine il sorteggio dei nominativi che andranno a comporre le Terne degli Esami di Stato per l’anno 2019.
E’ possibile assistere all’estrazione inviando una e-mail alla segreteria;segreteria@ordinepsicologi.piemonte.it
Per motivi di capienza della sala sarà possibile accettare un numero limitato di persone.
Conservazione analogica per le fatture elettroniche ricevute dai forfetari e dai contribuenti minimi
L’Agenzia delle Entrate, nella giornata di ieri, ha dato risposta alle domande più ricorrenti in materia di fatturazione elettronica formulate dai commercialisti e pervenute al Consiglio nazionale dei Dottori Commercialisti.
L’Agenzia ha cercato di fare chiarezza sulla gestione del ciclo passivo di fatturazione, ovvero sulla gestione delle fatture d’acquisto ricevute dai professionisti.
In particolare, è stato chiarito che, coloro che hanno aderito al regime forfetario (Legge 190/2014, come modificata dalla Legge di bilancio 2019) o al regime di vantaggio (ex regime dei minimi), possono conservare le fatture in modalità analogica anche qualora abbiano richiesto al fornitore di emettere la fattura in formato elettronico con consegna al proprio indirizzo PEC o codice destinatario.
Non è quindi necessario ricorrere alla conservazione sostitutiva come inizialmente era stato affermato dall’Agenzia delle Entrate.
Resta comunque possibile, per il soggetto in regime forfetario o di vantaggio, avvalersi del servizio di conservazione sostitutiva offerto gratuitamente dall’Agenzia.
Divieto di fattura elettronica per i dati da inviare al Sistema Tessera Sanitaria, anche in presenza di opposizione da parte del paziente
Avevamo analizzato in un precedente focus le problematiche emerse a seguito della posizione assunta dal Garante della privacy in merito all’utilizzo della fattura elettronica per le prestazioni di carattere sanitario.
Nello specifico, il Garante della Privacy, attraverso un provvedimento pubblicato lo scorso 20 dicembre, aveva dichiarato: “A prescindere dall’invio dei dati attraverso il Sistema TS, i soggetti che erogano prestazioni sanitarie non devono essere coinvolti nel processo di fatturazione elettronica”.
Inizialmente, il DL 119/2018 (decreto fiscale 2019) aveva stabilito l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica esclusivamente con riferimento a quelle fatture i cui dati “fossero stati inviati” al Sistema Tessera Sanitaria.
La contrapposizione tra Garante della Privacy ed Agenzia delle Entrate nasceva quindi in relazione alle sole fatture relative a prestazioni sanitarie che, a causa dell’opposizione da parte del paziente all’invio dei dati al Sistema TS, non potevano essere trasmesse al Sistema.
In tal caso, sulla base delle disposizioni contenute nel DL 119/2018, l’Agenzia delle Entrate prevedeva comunque l’obbligo di utilizzo della fattura elettronica e di invio della stessa attraverso il Sistema di interscambio, contravvenendo quindi al divieto assoluto posto dal Garante della Privacy in relazione alle fatture inerenti a prestazioni sanitarie.
Da un’attenta lettura della legge di bilancio 2019, approvata lo scorso 30 dicembre, si evince come il legislatore abbia voluto superare tale impasse prevedendo, all’art. 1 comma 53, che per l’anno 2019 sia vietata l’emissione di fatture in formato elettronico se i relativi dati “sono da inviare” al Sistema Tessera Sanitaria.
La nuova formulazione della norma prevedendo, da un lato, il divieto (e non più il semplice esonero) all’invio delle fatture e, dall’altro lato, il riferimento alle fatture i cui dati “sono da inviare” e non più “sono inviati” al Sistema Tessera Sanitaria, sembra quindi richiedere che la fattura venga emessa in formato cartaceo tutte le volte in cui i dati della fattura siano inviabili al Sistema TS, indipendentemente dalla circostanza che l’invio sia poi avvenuto o meno.
Quindi, la prestazione sanitaria erogata dal professionista nei confronti del paziente dovrà essere documentata da fattura cartacea anche nel caso in cui il paziente abbia formulato la sua opposizione all’invio dei dati al Sistema TS.
Sono state in tal modo accolte le indicazioni fornite dal Garante della Privacy.
Il professionista, quindi, prima di emettere una fattura, al fine di verificare se la stessa debba essere emessa in formato elettronico o in formato cartaceo, dovrà analizzare con attenzione la natura dell’operazione posta in essere.
Si ricorda, in ultimo, che i contribuenti forfettari ed i contribuenti minimi sono esonerati dall’obbligo di fattura elettronica, indipendentemente dalla natura sanitaria o meno della prestazione. Rimane comunque l’obbligo di invio dei dati al Sistema Tessera Sanitaria.
Chiarimenti del commercialista su fatturazione elettronica
Con l’inizio del nuovo anno è ufficialmente entrata in vigore la tanto discussa fatturazione elettronica per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate tra soggetti residenti in Italia.
Non tutti i titolari di partita Iva saranno coinvolti dal nuovo adempimento, anche alla luce delle ultime disposizioni che ne hanno ulteriormente delimitato il perimetro di applicazione.
Ai contribuenti che hanno adottato il regime dei minimi o il regime forfetario, già inizialmente esclusi, si sono infatti aggiunte le associazioni sportive dilettantistiche e gli altri soggetti che hanno esercitato l’opzione per il regime agevolato previsto dalla legge 398/91 e che non hanno conseguito nell’anno precedente proventi derivanti dall’attività commerciale superiori ad Euro 65.000.
Le legge di bilancio 2019, approvata lo scorso 30 dicembre, modificando alcune disposizioni contenute nel precedente DL 119/2018 (Decreto fiscale 2019), ha apportato ulteriori novità in tema di fatturazione elettronica.
Vediamo qui di seguito le principali novità ed i punti ancora da chiarire.
1) Mancata emissione della fattura elettronica per le prestazioni sanitarie i cui dati sono inviati al Sistema Tessera Sanitaria
Con un provvedimento emanato lo scorso mese di novembre, il Garante della Privacy aveva ampiamente bocciato il sistema di fatturazione elettronica realizzato dall’Agenzia delle Entrate, in quanto ritenuto non in linea con le norme del regolamento UE sulla protezione dei dati personali.
In un successivo provvedimento pubblicato in data 20 dicembre, il Garante è ritornando sull’argomento ribadendo che “l’Agenzia delle Entrate deve limitarsi a memorizzare i soli dati che le sono necessari per effettuare i controlli automatizzati, escludendo la registrazione della descrizione del bene ceduto o del servizio prestato. A prescindere dall’invio dei dati attraverso il sistema TS, i soggetti che erogano prestazioni sanitarie non devono essere coinvolti nel processo di fatturazione elettronica”.
Alla luce dell’ulteriore presa di posizione da parte del Garante della Privacy, la Legge di bilancio 2019 ha modificato parzialmente la normativa in tema di fatturazione elettronica, stabilendo che non possono essere emesse fatture elettroniche con riferimento alle prestazioni sanitarie i cui dati sono trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria.
Quindi, alla luce delle ultime previsioni normative, tutti gli operatori sanitari (compresi gli psicologi) non dovranno provvedere all’emissione della fattura elettronica con riferimento alle prestazioni di carattere sanitario i cui dati vengono trasmessi al Sistema TS. Viene quindi chiarito che l’emissione della fattura elettronica in riferimento a tali prestazioni non è facoltativa, come inizialmente si era vociferato, ma è del tutto vietata.
Al contrario, sempre secondo l’attuale dettato normativo, i professionisti saranno obbligati all’emissione della fattura elettronica sia con riferimento alle prestazioni di carattere non sanitario, sia con riferimento alle prestazioni di carattere sanitario i cui dati non vengono trasmessi al Sistema TS a seguito dell’opposizione espressa dal paziente.
Si è quindi in presenza di due pareri del tutto contrastanti. Da un lato, il Garante della Privacy ha ingiunto l’Agenzia delle Entrate affinchè fornisca idonee istruzioni agli operatori sanitari (medici, psicologi, ecc.) affinchè in nessun caso sia trasmessa al Sistema di interscambio una fattura elettronica concernente l’erogazione di una prestazione sanitaria, a prescindere dall’invio dei relativi dati al Sistema Tessera Sanitaria.
Dall’altro lato, invece, l’Agenzia delle Entrate impone ai professionisti l’invio attraverso il Sistema di interscambio delle fatture elettroniche emesse in relazione alle prestazioni sanitarie i cui dati non vengono trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria.
L’Agenzia delle Entrate sta attualmente vagliando diverse soluzioni tecniche da implementare sul Sistema di interscambio, al fine di risolvere le criticità in materia di protezione dei dati personali evidenziate dal Garante della Privacy. In tal modo si potrà procedere con l’invio al Sistema delle fatture elettroniche relative a prestazioni sanitarie senza violare l’attuale normativa sulla privacy.
Tra le principali soluzioni prospettate ci sarebbero:
1. La mancata archiviazione elettronica della fattura in formato integrale e la conservazione dei
soli dati fiscali necessari ai fini dei controlli automatizzati. Verrebbe quindi esclusa
dall’archiviazione informatica la descrizione del servizio erogato o del bene ceduto.
2. La cifratura dei dati che transitano attraverso il Sistema di Interscambio.
Tali soluzioni richiederanno tuttavia un periodo di tempo non brevissimo per poter essere implementate. Ci si chiede quindi se a breve l’Agenzia delle Entrate tornerà sull’argomento prevedendo, almeno fino al necessario adeguamento informatico del Sistema di Interscambio, il divieto assoluto di utilizzo della fattura elettronica con riferimento a qualsiasi prestazione di carattere sanitario.
A livello operativo, considerata l’attuale incertezza normativa, con riferimento alle fatture elettroniche relative a prestazioni sanitarie (emesse a seguito di opposizione da parte del paziente all’invio dei dati al Sistema TS), si consiglia, per il momento, di non procedere al loro invio al Sistema di Interscambio dell’Agenzia delle Entrate.
Per il primo semestre 2019 è infatti prevista la non applicazione di sanzioni qualora la fattura venga inviata oltre il termine previsto di 10 giorni dalla data di effettuazione dell’operazione (data di incasso del corrispettivo), ma comunque entro la data di liquidazione dell’Iva. Nella peggiore delle ipotesi, in caso di contribuente con liquidazioni iva mensili, si avrebbe quindi tempo fino al prossimo 15 febbraio per l’invio delle fatture elettroniche emesse nel mese di gennaio. Si spera che prima di tale data l’Agenzia delle Entrate possa fornire gli opportuni chiarimenti in materia.
Si ricorda in ultimo che non è più necessario avere una numerazione distinta tra le fatture emesse in formato cartaceo e le fatture emesse in formato elettronico. Nell’ambito della prassi amministrativa precedente, l’utilizzo di distinte serie di numerazione per le fatture analogiche e per quelle elettroniche era stata assunta come condizione necessaria al fine di rispettare la disciplina in tema di conservazione
elettronica delle fatture.
In seguito all’entrata in vigore del DM 17 giugno 2014, i precedenti chiarimenti di prassi devono ritenersi superati. Le nuove disposizioni, infatti, non prevedono specifici vincoli legati alla coesistenza di processi di conservazione differenti (elettronica e tradizionale).
2) Ricezione delle fatture elettroniche passive
Tutti i professionisti titolari di partita Iva che non hanno adottato uno dei due regime fiscali agevolati oggi esistenti (regime dei minimi – regime forfettario), indipendentemente dal fatto che emettano o non emettano fatture elettroniche, perché magari svolgono solo attività di carattere sanitario i cui dati vengono inviati al Sistema TS, dovranno comunque attrezzarsi per la ricezione delle fatture
elettroniche passive emesse dai propri fornitori.
Per fare questo, ricordo che è necessario comunicare all’Agenzia delle Entrate il proprio indirizzo telematico (indirizzo di posta elettronica certificata o codice destinatario) ed è opportuno optare per la conservazione sostitutiva automatica da parte dell’Agenzia. Per le procedure tecniche vi rimando all’apposito focus pubblicato sul sito dell’Ordine nel mese di dicembre.
3) Applicazione della marca da bollo sulle fatture elettroniche
Con un comunicato stampa diffuso nella giornata dello scorso 28 dicembre, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha dato atto della firma, da parte del titolare del dicastero, di un decreto volto a semplificare il pagamento del bollo sulle fatture elettroniche che transitano attraverso il Sistema di interscambio.
In particolare, l’assolvimento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche emesse a partire dal 1 gennaio 2019 dovrà avvenire:
1. Con modalità esclusivamente telematica, mediante modello F24;
2. In un’unica soluzione per tutte le fatture emesse nell’anno;
3. Entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio.
Nel corpo della e-fattura è infatti presente la sezione “Dati bollo”, all’interno della quale sono contenuti i campi “Bollo virtuale” e “Importo bollo”. L’Agenzia delle Entrate avrà quindi la possibilità di conoscere l’importo dell’imposta dovuta su ciascuna fattura emessa dal professionista, sulla base dei dati contenuti nel documento elettronico.
Con il decreto firmato in data 28 dicembre viene inoltre prevista l’istituzione di un apposito servizio che consentirà agli operatori IVA di pagare l’imposta di bollo con addebito diretto sul proprio conto corrente bancario o postale, o attraverso l’utilizzo di un modello F24 che verrà predisposto dalla stessa Agenzia delle Entrate.
Sulla copia cartacea della fattura elettronica (che per legge deve essere consegnata al privato cittadino non titolare di partita Iva) dovrà essere riportata la seguente dicitura “Imposta di bollo assolta virtualmente ai sensi del DM 17.6.2014”.
Al contrario, sulle fatture relative a prestazioni sanitarie che continueranno ed essere emesse in formato cartaceo (in quanto i relativi dati sono trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria), la marca da bollo continuerà ad essere materialmente apposta sulla copia cartacea della fattura consegnata al cliente/paziente.
4) Contribuenti minimi e Contribuenti forfetari
Con riferimento ai nuovi obblighi di fatturazione elettronica, si ricorda che i contribuenti forfetari ed i contribuenti minimi sono esclusi dall’obbligo di emissione della fattura elettronica, sia con riferimento alle prestazioni di carattere sanitario (trasmesse o non trasmesse al Sistema Tessera Sanitaria), sia con riferimento alle prestazioni di carattere non sanitario. I professionisti che hanno adottato il regime dei
minimi o il regime forfetario potranno quindi continuare ad emettere le fatture in formato cartaceo.
Inoltre, nell’ambito del videoforum organizzato dal quotidiano Italia Oggi nella giornata del 15 novembre scorso, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per i contribuenti forfetari sussiste l’obbligo di conservazione elettronica delle fatture d’acquisto solo nel caso in cui costoro comunichino al loro fornitore il proprio indirizzo telematico (PEC o codice destinatario).
Qualora il professionista non comunichi il proprio indirizzo telematico al fornitore, quest’ultimo dovrà trattarlo come un privato cittadino, inserendo nel campo “codice destinatario” dell’eventuale fattura elettronica emessa la sequenza di sette zeri (0000000) prevista per i privati cittadini, e dovrà consegnargli una copia cartacea del documento.
A riguardo si segnala che la Fondazione Nazionale Commercialisti ha sollecitato uno specifico chiarimento all’Agenzia delle Entrate. Potrebbe infatti accadere che il Fornitore acquisisca autonomamente dal registro pubblico INIPEC l’indirizzo di posta elettronica certificata del professionista. Inserendo tale indirizzo in fattura, il professionista in regime forfettario o in regime dei minimi sarebbe
inconsapevolmente obbligato alla conservazione sostitutiva del documento.
Si ricorda comunque che rimangono invariate anche per i contribuenti forfetari e per i contribuenti minimi le specifiche regole di fatturazione elettronica già in vigore dall’anno 2015 per le prestazioni erogata in favore delle Pubbliche Amministrazioni.
Leggi tuttoSoglia dei ricavi/compensi per lâaccesso al Regime Forfetario
In data 30 dicembre 2018 il Parlamento ha definitivamente approvato la Legge di Bilancio 2019.
I commi 9-11 dell’art. 1 della nuova Legge ridefiniscono l’ambito di applicazione del regime forfetario (introdotto dalla legge 190/2014) sotto tre direttive:
- Viene ampliata la soglia unica di ricavi/compensi percepiti;
- Sono rimosse le precedenti soglie connesse al sostenimento di spese per lavoro dipendenti e beni strumentali, le quali, a partire dal prossimo 1° gennaio 2019, non devono più essere considerate al fine dell’accesso e della permanenza all’interno del regime agevolato;
- Vengono riformulate le cause ostative all’adozione del regime agevolato connesse al possesso di partecipazioni societarie ed allo svolgimento (attuale o passato) di attività di lavoro dipendente.
Nuova soglia Unica dei ricavi
Alla luce della novità apportate dalla legge di bilancio 2019, per accedere al regime forfettario i ricavi ed i compensi derivanti dall’attività di lavoro autonomo non devono superare, nell’anno precedente, la soglia di Euro 65.000. Nella precedente versione del regime il limite massimo dei ricavi e compensi era fissato in Euro 30.000. Ai fini del computo della soglia:
- Va applicato il criterio di determinazione del reddito (competenza/cassa) previsto dal regime fiscale e contabile adottato nel periodo d’imposta precedente;
- Va applicato il ragguaglio ad anno in caso di inizio dell’attività in corso d’anno;
- Non rilevano i maggiori ricavi o compensi da adeguamento agli indici sintetici di affidabilità fiscale (nuovi studi di settore);
- Nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, si assume la somma dei ricavi e dei compensi in relazione alle diverse attività esercitate.
In linea generale, la nuova soglia di Euro 65.000 va verificata, dal 1° gennaio 2019, rispetto a quanto “incassato” nell’anno precedente. Tale criterio opera sia in caso di primo accesso al regime, sia in caso di verifica della permanenza per l’anno 2019. Così, ad esempio, il professionista che nell’anno 2018 abbia percepito compensi per Euro 40.000 può continuare ad applicare il regime forfetario nel successivo anno 2019, perché al di sotto della nuova soglia di Euro 65.000 (benchè per l’anno 2018 abbia superato il limite di compensi di Euro 10.000).
Rimozione delle precedenti soglie connesse al sostenimento di spese per lavoro dipendente e per beni strumentali
La legge 190/2014, istitutiva del regime forfettario, aveva previsto due specifiche soglie che impedivano l’accesso al regime forfetario:
1. Possesso di uno stock di beni strumentali alla data del 31 dicembre dell’anno precedente superiore ad Euro 20.000;
2. Sostenimento nell’anno di spese per lavoro dipendente superiori ad Euro 5.000 lordi.
La legge di bilancio 2019 ha cancellato tali soglie. Quindi, a livello teorico, a partire dall’esercizio 2019 il contribuente forfetario può avere del personale alle proprie dipendenze e può essere dotato di beni strumentali di rilevante valore.
Riformulazione delle cause ostative all’adozione del regime
Quanto alle riformulate cause ostative, a decorrere dal 1° gennaio 2019 non possono utilizzare il regime forfetario per l’attività di lavoro autonomo i soggetti che:
- Contemporaneamente all’attività professionale, possiedono una partecipazione in società di persone, associazioni professionali o imprese familiari, oppure che controllano (direttamente o indirettamente) una Società a responsabilità limitata o un’associazione in partecipazioni, le quali esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dal professionista. Quindi, la partecipazione in una Società a responsabilità limitata, preclude l’utilizzo del regime forfetario solo al ricorrere di una duplice condizione:
a) La partecipazione deve essere tale da permettere, direttamente o indirettamente, il controllo della Società;
b) La Società deve operare in realtà economiche riconducibili a quelle in cui opera la persona fisica in regime forfetario;
- Svolgono l’attività professionale autonoma con partita Iva, prevalentemente nei confronti di datori di lavoro (o di soggetti direttamente o indirettamente ad essi riconducibili), con i quali sono in corso rapporti di lavoro dipendente, oppure erano intercorsi rapporti di lavoro dipendente nei due precedenti periodi d’imposta. La previsione è volta ad evitare che i rapporti di lavoro dipendente vengano trasformati in lavoro autonomo per sfruttare gli indubbi vantaggi fiscali derivanti dall’adozione del regime forfetario.
Disciplina invariata rispetto al passato
Non viene invece in alcun modo toccata dalla Legge di Bilancio 2019 la restante disciplina del regime
forfetario, quale:
- Determinazione del reddito professionale in misura forfettaria, secondo specifiche percentuali di forfetizzazione (78% per il professionista esercente l’attività di psicologo);
- Applicazione al reddito determinato forfetariamente dell’imposta sostitutiva del 15% (5% per i primi cinque anni di attività), in sostituzione della tradizionale IRPEF;
- Esclusione dall’IVA per tutte le prestazioni erogate in vigenza del regime (indipendentemente dalla natura della prestazione, sia essa sanitaria o non sanitaria);
- Semplificazione degli adempimenti fiscali e contabili;
Fatturazione elettronica per i contribuenti forfetari
Con riferimento ai nuovi obblighi di fatturazione elettronica, si ricorda che i contribuenti forfetari sono esclusi dall’obbligo di emissione della fattura elettronica, sia con riferimento alle prestazioni di carattere sanitario (trasmesse o non trasmesse al Sistema Tessera Sanitaria), sia con riferimento alle prestazioni di carattere non sanitario. I contribuenti forfetari potranno quindi continuare ad emettere le fatture in formato cartaceo. Inoltre, nell’ambito del videoforum organizzato dal quotidiano Italia Oggi nella giornata del 15 novembre scorso, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per i contribuenti forfetari sussiste l’obbligo di conservazione elettronica delle fatture d’acquisto solo nel caso in cui costoro comunichino al loro fornitore il proprio indirizzo telematico (PEC o codice destinatario). Qualora il professionista non comunichi il proprio indirizzo telematico al fornitore, quest’ultimo dovrà trattarlo come un privato cittadino, inserendo nel campo “codice destinatario” della fattura emessa la sequenza di sette zeri (0000000) prevista per i privati cittadini e consegnandogli una copia cartacea del documento.
A riguardo si segnala che la Fondazione Nazionale Commercialisti ha sollecitato uno specifico chiarimento all’Agenzia delle Entrate. Potrebbe infatti accadere che il Fornitore acquisisca autonomamente dal registro pubblico INIPEC l’indirizzo di posta elettronica certificata del professionista. Inserendo tale indirizzo in fattura, il professionista in regime forfettario sarebbe inconsapevolmente obbligato alla conservazione sostitutiva del documento.
Si ricorda comunque che rimangono invariate anche per i contribuenti forfetari le specifiche regole di fatturazione elettronica già in vigore dall’anno 2015 per le Pubbliche Amministrazioni.
Le modifiche apportate al regime forfetario decorrono dal 1° gennaio 2019. Pertanto, le stesse devono essere considerate in occasione del primo accesso al regime nel 2019, oppure per verificarne la permanenza per i soggetti che già lo applicavano nel 2018.
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